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Dal Porcellum all’Italicum:nuovi collegamenti e nuovi orari,ma su vecchi binari
Dal Porcellum allItalicum: nuovi collegamenti e nuovi orari, ma su vecchi binari (introduzione al Seminario su "Le Corti e il voto-II"-29 gennaio 2014)



Dal Porcellum all’Italicum:

nuovi collegamenti e nuovi orari,

ma su vecchi binari

di

Fulco Lanchester

Sommario: 1-Gli scopi del Seminario odierno; 2-Il Seminario del giugno 2013 e la sentenza del dicembre scorso; 3-I piani differenziati del commento; 4-Il progetto di sistema elettorale presentato alla Camera dei deputati; 5-Un premio troppo alto, soprattutto in epoca di riduzione della partecipazione elettorale; 6-Il problema della lista bloccata e la questione della democrazia infrapartitica;7-Conclusioni.



1-Gli scopi del Seminario odierno- L'incontro del 27 gennaio 2014 ha una duplice finalità:

da un lato vuole commentare le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale n.1/2014 dopo aver - il 12 giugno 2013 – analizzato l'ordinanza di remissione della Corte di cassazione del marzo -depositata nel maggio dello scorso anno;

dall’altro tende ad esaminare la congruità della risposta parlamentare alla sentenza attraverso il disegno di legge in materia elettorale presentato la settimana scorsa sulla base dell’accordo Renzi - Berlusconi.

I due temi sono strettamente collegati, perché le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 1/2014 disegnano i principi costituzionali del voto, limitando all’interno degli stessi la discrezionalità ribadita dalla Corte del legislatore in materia di sistema elettorale in senso stretto.

La sent.n.1/2014 è indubbiamente importante per i suoi riflessi teorici e concreti e non può sfuggire ad una analisi articolata e situata nell’ambito della storia costituzionale italiana e della Costituzione repubblicana .





2-Il Seminario del giugno 2013 e la sentenza del dicembre scorso -L'attenzione del Seminario di giugno pubblicato su Nomos-le attualità nel diritto,1/2013 si concentrò sull'ammissibilità della questione contenuta nell'ordinanza di remissione della Cassazione e, poi, sulle posizione che la Corte avrebbe potuto prendere sui singoli temi: in particolare il premio e la mancanza di preferenze. Oggi, dopo la pubblicazione delle motivazioni ed il deposito del progetto di riforma elettorale, la prospettiva si allarga alla valutazione se quest’ultimo si ponga all’interno dei limiti della discrezionalità legislativa costituita dai principi costituzionali ribaditi dal giudice delle leggi.

E’ dunque necessario compiere un passo indietro per non dimenticare le origini del problema e per contestualizzare non soltanto le decisioni della Consulta, ma anche il dibattito di questi giorni. Lo faccio riferendomi ai contenuti dell’introduzione prodotta per il Seminario del giugno scorso (v. F. LANCHESTER, Non ci sono “zone franche” nello Stato di diritto costituzionale, in www.nomos-leattualitaneldiritto.it, fasc. n. 1/2013).

Sul tema pregiudiziale dell'ammissibilità della questione posta attraverso l’ordinanza di remissione della Corte di cassazione la mia posizione fu chiara, perché sostenni che non potevano esistere zone franche nello Stato di diritto costituzionale, soprattutto se venivano coinvolti problemi costitutivi per un ordinamento democratico, e che la Cassazione aveva risposto in maniera efficace alle esigenze dell’ordinamento, in un momento liminare per lo stesso.

Sui due temi specifici prospettati dall’ordinanza, espressi invece un parere decisamente favorevole ad una pronunzia di incostituzionalità per quanto riguardava il tema del premio di maggioranza che la l.270/2005 attribuiva al partito o alla coalizione di partiti che avesse ottenuto la maggioranza dei voti validi senza soglia minima, considerandolo sul piano teorico e concreto peggiore, addirittura, della stessa legge Acerbo.

Sul secondo, il voto di preferenza, la mia posizione fu più problematica rispetto a quella dei ricorrenti e agli stessi dubbi espressi dalla Corte di cassazione, perché offrivo la visione alternativa della democrazia infrapartitica, che abbisogna di una regolazione delle funzioni pubblicistiche dei partiti .

Ma questo è il passato.

Oggi commentiamo una sentenza importante in cui la Corte, investita per la prima volta della questione:

a. ha certificato i principi costituzionali del voto per l’elezione delle Assemblee parlamentari, dichiarando -appunto- che non esistono zone franche nel diritto costituzionale;

b. ha disegnato i limiti di qualsiasi nuovo sistema secondo i criteri della ragionevolezza e della proporzionalità;

c. ha colpito, quindi, sia il premio di maggioranza senza soglia che le liste bloccate ( il dubbio è se perché troppo lunghe o perché -se si esclude l'uninominale- la lista senza preferenza è sempre una scelta eterodiretta e quindi contraria al dettato dell'art. 48 Cost.);

d. ha restituito all’ordinamento, in linea con una giurisprudenza costante sull’indefettibilità dell’esistenza dello strumento elettorale per i supremi organi costituzionali, un sistema elettorale in senso stretto perfettamente funzionante per entrambe le Camere, fondato sui principi della legge approvata dal Costituente nel 1948, integrati dalla preferenza unica risultante dalla consultazione referendaria del 1991 e da soglie di esclusione esplicite “ragionevoli” per i singoli partiti o per le coalizioni(4% o 8 %,ecc.).



La Corte ha-quindi - aperto al controllo di costituzionalità l'area della legislazione elettorale relativa al sistema elettorale in senso stretto, ribadendo i principi costituzionali del voto democratico e la sua funzionalizzazione al circuito che- partendo dall’art.1,secondo comma - passa attraverso il 48 al 56 e 57 per arrivare al 67, ed ha restituito all’ordinamento - sulla base di parametri di ragionevolezza e proporzionalità utilizzati da altri organi costituzionali (in particolare il Bundesverfassungsgericht) - un meccanismo elettorale funzionante che contempera le esigenze minime di rappresentanza e di governabilità sulla base del “ vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti”.

Dopo aver denunciato almeno dal 2008 l’insostenibilità della legge 270/2005 con moniti ripetuti, di fronte ad una situazione di emergenza e di blocco, la Corte costituzionale è intervenuta in maniera decisa, che può non piacere sia ai cultori dell’autonomia del politico, sia ai formalisti ad oltranza, che trovano rivoluzionate le vie di accesso del giudizio di costituzionalità, ma che risulta perfettamente in linea con l’impostazione mortatiana della giuridicizzazione del politico nell’ambito di una visione realistica.



3-I piani differenziati del commento-I piani del commento sono molteplici e devono essere distinti , ma anche valutati nel complesso, al fine di non perdere la visione di insieme. Essi si correlano, da un lato, con la gravità della crisi italiana, dall’altro con le recentissime proposte istituzionali (elettorali e costituzionali) volte a rompere il circolo vizioso che caratterizza gli ultimi quarantacinque anni di storia costituzionale repubblicana.

In questa specifica prospettiva, accanto alla storia di medio e lungo termine di un ordinamento che ha subito un processo di avvitamento incrementale che gli ha impedito di divenire un ordinamento normale, si inserisce indubbiamente il tema della riqualificazione rapporti di potenza geopolitici, che hanno trasformato le basi delle stesse forme di Stato di democrazia pluralista, mettendo in forse i due pilastri delle stesse, ovvero lo Stato sociale e la democrazia rappresentativa.

Sul piano della cronaca costituzionale dell’ultimo triennio, ripeto-invece- ciò che ho detto nel precedente seminario. La situazione di contesto è, infatti, quella di un circuito politico-parlamentare oramai imballato e con una supplenza sempre più incisiva degli organi di controllo interno(Presidente della Repubblica) e esterno(Corte costituzionale, Corte di Cassazione, Corte dei conti, e perfino TAR).

Un simile giudizio, espresso nel periodo febbraio-giugno 2013, vale ancora e risulta addirittura implementato, almeno sino alla decisione di Renzi di resuscitare Berlusconi, perché la Corte costituzionale dal maggio al dicembre 2013 ha pazientemente atteso che i soggetti politicamente rilevanti prendessero in mano la barra del timone. In dicembre ha finalmente deciso, ma per circa quaranta giorni ha nuovamente dialogato in maniera implicita con la “controparte”, in un colloquio asimmetrico che ha visto lo squadernamento di ipotesi differenziate ( in particolare le tre “civette” di Renzi) in attesa di risposta nelle motivazioni della sentenza.

Il gran colpo di teatro dopo il deposito della sentenza è stato l’incontro di Renzi con Berlusconi e l’accordo di cui necessariamente dovremo discutere.





4-Il progetto di sistema elettorale presentato alla Camera dei deputati- Veniamo al testo base della legge elettorale per le Camere. Il progetto presentato in Commissione il 22 gennaio in sostanza:

a) è un porcellum modificato, che da ragione allo spontaneo riconoscimento di paternità effettuato dall’on. Calderoli qualche giorno fa;

b) si connette con riforme costituzionali, che hanno bisogno di un’alta legittimazione da parte dei legislatori e di un tempo considerevole per l’approvazione;

c) è il risultato della centrifugazione di almeno due delle tre ipotesi prospettate da Renzi(il similspagnolo e il sindaco d’Italia);

d) non risolve infine, a mio avviso, in alcun modo i problemi di costituzionalità evidenziati dalla Corte costituzionale nelle motivazioni della sentenza.

Per essere sintetici il giudizio sul progetto denominato Italicum può essere espresso prendendo a prestito la pubblicità del vettore ferroviario “Italo” di Luca di Montezemolo:

“Nuovi collegamenti,nuovi orari,ma su vecchi binari”.

Un simile drastico commento è giustificato dalla realtà dell’articolato: da un lato viene mantenuto il premio di maggioranza con una ricompensa irragionevole e non proporzionale al vincolo del “minor sacrificio” richiesto dalla Corte, mentre dall’altro viene conservata la lista bloccata censurata dallo stesso giudice delle leggi. Il progetto di nuova legge elettorale presentato mercoledì scorso in Commissione Affari Costituzionali della Camera certifica l’interesse oramai più che decennale delle due maggiori formazioni dell’ordinamento di aggregare le rispettive aree di centro-sinistra e centro-sinistra, scartando i partiti minori e obbligandoli a entrare nelle coalizioni per lucrare un premio sovrabbondante attraverso il meccanismo cosiddetto “Majority bonus system”, sulla base di una tradizione legislativa e di cultura politica che lega- in maniera differenziata- la legge Acerbo del 1923,la cosiddetta “legge truffa” del 1953 ed il “porcellum”.

Il “Majority bonus system”,ovvero il premio di maggioranza su scrutinio di lista, è dal punto di vista comparatistico una peculiarità degli ordinamenti dell’Europa mediterranea(è stato adottato storicamente in Francia nel 1951 e 1956 e in Grecia come “proporzionale rinforzata).Non esamino in questa sede le differenze tra la “loi scélérate” francese e la “proporzionale rinforzata” greca rispetto ai precedenti nazionali italiani. Ritengo, tuttavia, significativo che i riformatori nostrani non facciano oramai più riferimento alle grandi democrazie stabilizzate, ma -oramai- siano costretti a guardare esclusivamente al caso della Repubblica di S. Marino, dove con le “leggi qualificate” n.1 del 2007 e del 2008 hanno introdotto un sistema elettorale con premio (anche se molto minore per rilevanza di quello proposto per l’Italia) e coalizioni.

Un simile dato di fatto ispira perlomeno due considerazioni:

in primo luogo, certifica la peculiarità del panorama politico-partitico liquefatto della seconda fase della storia costituzionale italiana, che suggerisce la utilizzazione di strumenti di selezione per la decisione in dosi sempre più aggravate, con il rischio di annullare il valore rappresentativo dell’atto elettivo;

in secondo luogo rivela come alcuni elementi ispiratori(dal punto di vista normativo e personale) della proposta elettorale attualmente all’esame della Camera dei deputati siano da recuperare nel triangolo ciclistico Bologna-Firenze-S.Marino (Alfredo Oriani permettendo), attraverso l’opera di consulenza di alcuni studiosi legati al movimento referendario e alla teoria del neoparlamentarismo bipolare (Barbera, Fusaro, Ceccanti, Guzzetta, con influssi che toccano D’Alimonte e l’ineffabile Verdini).

5-Un premio troppo alto, soprattutto in epoca di riduzione della partecipazione elettorale-Tuttavia la soglia del 35% dei voti per vincere un premio in seggi del 18% alla Camera mi sembra che sia troppo alto e funzionale ad una asimmetria pericolosa, che richiama le polemiche sulla cosiddetta legge truffa(e non è un caso che le note tesi di Carlo Lavagna sulla specularità stiano ritornando parzialmente in voga).

Sulla base delle motivazioni della sentenza il testo attuale per quanto riguarda il premio mi pare, dunque, chiaramente incostituzionale. La Corte Costituzionale ci ha detto, infatti, che il premio deve essere “ragionevole” e “proporzionale” e con il minor costo possibile per la rappresentanza rispetto alle esigenze della governabilità. In sostanza, di fronte della stabilità può anche essere sacrificata la rappresentanza, ma fino ad un certo punto. Si tratta di quel bilanciamento tra i valori della stabilità e della rappresentanza, che fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso ha convinto il Tribunale costituzionale tedesco ad ammettere la soglia del 5% per accedere al Bundestag, ma anche a negare la possibilità di ulteriori violazioni della rappresentatività

L’elemento essenziale è, ripeto, che il premio del 18% risulta troppo alto rispetto al 35% dei voti validi per ottenerlo . C’è, dunque, la necessità di alzare la soglia, ma soprattutto è indispensabile tarare l’ottenimento del premio rispetto agli elettori iscritti(come avviene in Francia al primo turno delle elezioni legislative) e non ai semplici voti validi. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che nelle ultime tornate elettorali si è registrato un alto astensionismo, fino a punte del 25%, e che questo diminuisce la rappresentatività degli eletti. Nel febbraio 2013 la coalizione di Bersani ha ottenuto circa il 29,5% delle preferenze, quella di Berlusconi il 29.2%. Una differenza di alcuni decimi di punto. Ma, la questione centrale è che ciascuna delle due coalizioni rappresentava solo il 21% circa dell’intero Corpo elettorale. Per ottenere davvero la dimensione della rappresentatività rispetto al cosiddetto “demos politico” si deve tenere conto che i voti ottenuti da ciascun partito devono essere rapportati agli aventi diritto al voto. Anche trascurando i voti bianchi e nulli, il 35% dei voti equivarrebbe probabilmente al 26-27% degli elettori iscritti. Che tradotto significa che con circa il 26 % circa dei voti il partito o la coalizione con la maggioranza si assicura il 53% dei seggi. Si tratta di un eccesso che mette a rischio di incostituzionalità il “Renzellum”, come sembra abbiano fatto trapelare gli stessi ambienti della Corte, informalmente, sulla stampa quotidiana (penso a Repubblica).

Aggiungo che anche la questione del cosiddetto doppio turno non pare sia impostata bene. Di solito il primo turno serve a valutare il peso delle forze in campo che, poi, si alleano a formare la coalizione per il secondo. La coalizione, dunque, non si forma esclusivamente a priori, ma costituisce il frutto di una trattativa su un programma espressione di una mediazione tra interessi, che può portare a convergenze o desistenze. Né pare ragionevole un simile inchiavardamento, quando poi è possibile che i parlamentari nominati come frutto di alleanze possano spostarsi, come gli permette l’art.67 Cost., dal perimetro della maggioranza.

6-Il problema della lista bloccata e la questione della democrazia infrapartitica- Per quanto riguarda le liste bloccate, attraverso la preferenza unica, la Corte costituzionale ha reintrodotto la scelta dell’elettore al posto del sistema della “nomina” effettuata da parte del Capo della coalizione o del segretario del partito. Dico subito che un simile obbiettivo potrebbe essere raggiunto in vario modo sia con sistemi a scrutinio di lista, sia con i collegi uninominali in presenza di una assegnazione dei seggi di tipo proporzionalistico o maggioritario .

La soluzione indicata nel progetto di Renzi-Berlusconi con i collegi che eleggono da 3 a 6 rappresentanti non risolve, a mio avviso, il problema sollevato dalla Corte costituzionale in merito alla scelta dei rappresentanti, mentre la possibilità di presentare anche due candidature dello stesso genere nella lista bloccata corta potrebbe vanificare la dichiarata finalità di riequilibrio.

Per risolvere razionalmente la questione il Legislatore dovrebbe riconsiderare non solo il tema delle primarie, ma, in generale, quello della selezione delle candidature con garanzie di democraticità intrapartitica. La Corte costituzionale ha chiesto di fare in modo che non siano i leader dei partiti a scegliere un Parlamento di 630 persone. In questa prospettiva la parte più insoddisfacente della sentenza della Corte sta, a mio avviso, nella sottovalutazione dell’art.49 della Cost. e della funzione del partito politico. L’ordinanza 79 del 2006 aveva aperto una strada alla regolazione delle funzioni pubblicistiche del partito politico, cui alle radici dell’ordinamento aveva fatto riferimento lo stesso giovane Leopoldo Elia. La Corte, che è dovuta intervenire in emergenza per i difetti di reazione del sistema partitico - istituzionale, sembra invece avere scientemente obnubilato l’art. 49 Cost..

E’ vero. La forma partito è cambiata profondamente. Non c’è più il partito organizzativo di massa, non più il partito pigliatutto, e nemmeno il partito cartello fondato sul finanziamento pubblico. Siamo di fronte a formazioni di tipo personale che sono orientate a processi di tipo plebiscitario. La democrazia del pubblico, messa in evidenza da Bernard Manin, tende a mettere da parte i partiti, ma non può farli scomparire. Sin dalle origini dello Stato di massa democratico del XIX secolo ci si è,infatti, trovati di fronte all’alternativa tra un sistema di partiti regolati e strutturati oppure davanti ad una pericolosa ed incontrollabile deriva plebiscitaria.E’,quindi, opportuno tornare pensare a forme pubblicistiche di regolazione dei diritti degli iscritti ai partiti e di selezione adeguatra delle candidature.



7-Conclusioni- E’ bene che concluda e lo faccio con una provocazione. La Corte nel comunicato stampa del 4 dicembre scorso dichiarò la legittimità delle Camere nonostante ne avesse sanzionato il metodo di elezione. Chi legga con attenzione le ultime pagine della motivazione ne ricava, tuttavia, una impressione devastante. La Corte evidenzia che la legittimità giuridica(non politica) del Parlamento non sarebbe vulnerata dalla sua decisione sulla base della “teoria della continuità dello Stato” e che la proclamazione degli eletti effettuata dagli Uffici preposti costituirebbe la conclusione del procedimento di elezione. In questa prospettiva la Corte sembra non aver tenuto conto della autonomia delle Camere nella convalida delle elezioni dei rispettivi membri, che evidenzia come il procedimento non possa dirsi concluso e quindi soggetto agli effetti della sentenza.

In questa prospettiva a me pare che dal punto di vista costituzionalistico sia discutibile che Camere elette con un sistema elettorale sanzionato di illegittimità non soltanto mettano mano alla legge elettorale fornita dalla stessa Corte costituzionale, ma intraprendano un percorso istituzionale di riforma incisiva della Costituzione, che dovrebbe modificare l’impianto della stessa in maniera profonda.

C’è da chiedersi se non sarebbe meglio, visto che la Corte costituzionale ha fornito un sistema perfettamente funzionante(e l’eccezionalità della situazione è ben descritta dalla minuziosità con cui la Corte ha indicato il modo con cui emendare la scheda di votazione per inserivi la preferenza), andare rapidamente al voto con il sistema di risulta, per iniziare successivamente il processo di revisione costituzionale senza patemi d’animo. D’altro canto la ragione giuridica a me sembra si sposi con quella politica. Matteo Renzi rischia di essere cucinato non soltanto dall’iter di approvazione della legge elettorale, ma soprattutto dagli avvenimenti successivi. Lo spostamento alla Camera della discussione sulla riforma elettorale ha favorito solo formalmente la nuova segreteria, che non possiede solide radici nell’ambito dei gruppi parlamentari. Ne viene fuori che- sempre che il Capo dello Stato lo permetta- sarebbe auspicabile andare alle elezioni velocemente per tentare di risolvere nell’ambito della legittimità costituzionale una situazione sempre più aggrovigliata e pericolosa.





Abstract

Introduction to the Seminar on "The Courts and the vote", organized by the Master in European parliamentary institutions(Rome,"La Sapienza”, January 29, 2014.) . The author analyzes the Constitutional Court's judgment n.1/2014 , the consequences of the same, and the reform bill on the electoral system submitted to the Camera dei deputati in January 2014.





Introduzione al Seminario su "Le Corti e il voto",organizzato dal Master in Istituzioni parlamentari europee per consulenti di assemblea .L'Autore analizza la sentenza 1/2014 della Corte costituzionale,le conseguenze della stessa e il progetto di riforma del sistema elettorale per Camere presentato nel gennaio 2014.