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Saluto al Convegno "La crisi del disarmo nel diritto internazionale"
Indirizzo di saluto di Fulco Lanchester al Convegno su "La crisi del disarmo nel diritto internazionale" ,XIII Convegno SID nel quarto centenario della morte di Alberico Gentili




A nome della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Roma e mio personale porto il saluto ai relatori ed ai partecipanti a questo Convegno su La crisi del disarmo del diritto internazionale, organizzato dalla Società italiana di diritto internazionale e dal Comitato nazionale Alberico Gentili in occasione del quarto centenario dalla morte del grande giurista di San Ginesio.
La proposta del collega Sergio Marchisio di tenere presso la nostra Facoltà un Convegno nell’ambito delle celebrazioni gentiliane è stata accettata in maniera entusiastica, perché l’opera di Gentili è fortemente legata alla storia accademica dell’Università di Roma e della nostra Facoltà .
Tutti sanno che la riscoperta di Alberico Gentili è dovuta all’opera di Thomas Erskine Holland , che –nel 1874 - nella prolusione accademica tenuta all’Università di Oxford – evidenziò il contributo determinante alla fondazione del moderno diritto internazionale del suo predecessore marchigiano. Holland riuscì in ogni caso ad affiancare l’opera di Gentili a quella già ampiamente riconosciuta di Ugo Grozio e, nel tempo, procedette alla sistematica ripubblicazione delle sue opere . La fortuna di Gentili in Italia deriva da questa segnalazione, provvidenziale ed iterata nel tempo,simile alla riscoperta operata in ambito tedesco da Otto von Gierke circa nello stesso periodo per Giovanni Althusio(Johannes Althusius und die Entwicklung der naturrechtlichen Staatstheorien : Zugleich ein Beitrag zur Geschichte der Rechtssystematik ,Breslau,Kobner,1879) .
Nonostante il volume sulla guerra di Gentili fosse stato tradotto da Antonio Fiorini nel 1877 e che il mazziniano Aurelio Saffi vi si fosse soffermato in alcune lezioni nell’Ateneo felsineo nel 1878 , nel mondo accademico italiano ed in particolare in quello internazionalistico, dominato dalla teoria del principio di nazionalità di Pasquale Stanislao Mancini e del genero Augusto Pierantoni , Gentili non poteva avere grande rilievo. Di Gentili si interessarono piuttosto,oltre a Giuseppe Speranza, civilisti e storici del diritto poliedrici come Biagio Brugi e poi filosofi del diritto come Giorgio del Vecchio (di cui si dirà in seguito) . Ma - lo sottolineo solo di passaggio- è indicativo che la riflessione italiana sia iniziataproprio nel momento in cui da un lato era esploso il conflitto balcanico, con il tracollo del dominio ottomano nella cosiddetta Turchia europea e l’accendersi di conflitti interetnici, dall’altro le potenze europee si stavano dedicando all’espansione finale verso le conquiste coloniali .
La reale e sistematica riscoperta sistematica del pensiero gentiliano sotto il profilo del Diritto internazionale avvenne, invero, in maniera più concreta in epoca ancora successiva in occasione dei primi sommovimenti agli inizi del secolo XX nell’area Balcanica (penso alle prime due guerre successive al conflitto italo-turco) e poi nel corso del primo conflitto mondiale e delle sue conseguenze . L’incontro con l’ambiente romano e la nostra Facoltà , fondata nel 1925 e a più antica tra quelle statali , data però nel periodo degli anni Trenta del secolo scorso .
Nella temperie del primo dopoguerra, che aveva visto le proposte wilsoniane e la istituzione della Società delle Nazioni, l’opera di Gentili venne considerata con nuovo ed acuto interesse. In quegli anni, particolarmente fervidi per la istituzione di Centri di ricerca collegati con la politica estera del nostro ordinamento[ ad es. :l’Istituto per l’Oriente;l’Istituto per l’Europa centro-orientale; l’Istituto per gli studi di politica internazionale(ISPI);l’Istituto per il Medio ed estremo oriente (Ismeo)], non è un caso che un collaboratore dell’Istituto di diritto pubblico e legislazione sociale della nostra Facoltà, Alberico Amor Bavaj, dedicasse nel 1935 un lungo saggio su Alberico Gentili fondatore della scienza del diritto internazionale :saggio critico sulle origini della scienza del moderno diritto (Macerata, Affede, 1935). L’anno successivo venne invece pubblicata sulla rivista dell’ Istituto Italiano di Diritto Internazionale, diretta da un giurista poliedrico collegato per molti anni alla Facoltà da compiti di insegnamento come Amedeo Giannini (suscitatore di molte delle iniziative precedentemente citate) , l’ampia e completa bibliografia ,curata da Giorgio del Vecchio,docente anche a Scienze politiche di Filosofia del diritto, e preceduta da una nota dello stesso Bavaj. Fu questa una pubblicazione fortunata, perché ebbe una seconda edizione nel 1937 sulla Rassegna bibliografica delle scienze giuridiche sociali e politiche, e fu alla base di una serie di interventi che il Del Vecchio dedicò,in maniera sistematica, al Gentili anche nel secondo dopoguerra,approfondendo alcuni spunti che egli gli aveva ,in precedenza ,nelle monografia su Il fenomeno della guerra e l’idea di pace(Sassari,1909).
Proprio in quel periodo, Carl Schmitt rifletteva come altri costituzionalisti (penso a Heinrich Triepel,Robert Redslob e Hans Kelsen), sull’indiscindibile collegamento tra diritto interno e diritto internazionale nell’ambito del diritto pubblico,in una prospettiva che nel tempo si è parzialmente indebolita . La teoria dei grandi spazi, che allora alcuni allora prospettava , individuava il superamento del tradizionale jus publicum europaeum e prospettava uno sviluppo egemonico nella politica e nel diritto internazionale, alternativo alle ipotesi monistiche .
Dalla seconda guerra mondiale, con la fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il fine di molti giuristi si è concentrato nella costituzionalizzazione del diritto internazionale, per arrivare al superamento dell’anarchia internazionale ed all’obbiettivo tendenziale di un governo mondiale del diritto . La realtà dell’equilibrio bipolare ,basato sul terrore nucleare e sulla proliferazione di conflitti regionali, ha evidenziato per decenni lo iato tra aspirazioni e situazione concreta, con lo svilupparsi,tuttavia, fattivo di iniziative volte alla regolazione ed alla limitazione dei conflitti armati .
Il collasso del socialismo reale, lungi dal portare alla fine della guerra, ha individuato nuovi pericoli ed instabilità. Alla fine dell’equilibrio del terrore, le cui regole erano prevedibili, si è sostituito un sistema in cui i soggetti potenzialmente pericolosi si sono moltiplicati e le aree di conflitto stanno divenendo sempre meno controllabili. La stessa guerra, che per Gentili era “publicorum armorum justa contentio”, rischia di trasformarsi in conflitto senza regole in cui riappaiono i privati. Non mi riferisco soltanto alle organizzazioni terroristiche non legate a formazioni statuali, ma anche all’affiancamento sempre più frequente di eserciti privati a quelli regolari (ad es. la CACI o il TITAN Group).
In questa prospettiva la crisi del disarmo in tutte le dimensioni qualitative e spaziali possibili, costituisce un’indice empirico dell’incapacità del sistema interstatuale contemporaneo di risolvere le tensioni regionali in un quadro di trasformazione veloce degli equilibri di potenza ed in particolare della crescente difficoltà della superpotenza statunitense di esercitare una reale egemonia .
Nel corso di questo Convegno si discuterà a tutto campo dei vari aspetti del disarmo :dai temi relativi alle armi batteriologiche e chimiche , dal Trattato di non proliferazione nucleare a quello sul bando totale degli esperimenti nucleari fino ad arrivare all’uso dello spazio extra-atmosferico. Chi abbia visitato il sito dell’ United Nations – Office for Disarmament Affairs sa che i problemi in materia sono estremamente vasti e complicati,così come gli interessi coinvolti. Essi potranno essere risolti in maniera tecnica con l’intelligenza e l’accortezza necessarie, ma avranno sempre bisogno di una spinta valoriale volta, se non alla scomparsa utopica del conflitto, alla sua attenuazione ed umanizzazione.
La lezione di Alberico Gentili, che verrà da Voi analizzata anche nella indispensabile prospettiva storica cui il giurista non può rinunziare se non vuole divenire astratto , può dunque essere ancora preziosa per comprendere e per risolvere i problemi e pericoli esistenziali che ci minacciano.